L’astore by T.H. White

By T.H. White

«Uomo demoniaco e brillantissimo» diceva il necrologio di Terence Hanbury White, noto come Tim agli amici e come T.H. al resto del mondo. Erudito e letterato finissimo, inveterato misantropo, nonché calligrafo, artigiano squisito e naturalista affascinato dal ferino, nel 1937 leisureò avvinto da un trattato secentesco di falconeria e ordinò dalla Germania un astore, il più coriaceo fra i rapaci, according to dedicarsi, ignaro, al suo addestramento. Questo libro è los angeles cronaca di quell’impresa temeraria: non un manuale, ma il racconto di un’esperienza profonda e lacerante, il tentativo di sottomettere all'uomo «una personality che non period un umano». Il novizio non sapeva di avere a che fare con «un assassino» dai folli occhi di «un forsennato arciduca bavarese»: eppure fra White, lo schiavo, e il suo tiranno, «l’orribile rospo aericolo» che in keeping with sei settimane lo impegnerà in un duello quotidiano, corre un vero «rapporto d’amore» – perché il primo falco tocca sempre il falconiere nel profondo, e l. a. sua perdita gli causa «uno smottamento del cuore» che lascia senza respiro.

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Il vento entrava da una parte attraverso le fessure nelle assi della parete, e attraverso la finestra ingraticciata usciva dall’altra nella notte che la lanterna rendeva tanto più nera. Un po’ di stecchi, bottiglie, mezzi mattoni, ragnatele e parte di un forno arrugginito adornavano quest’interno rembrandtiano. Era la camera della tortura, la prigione medioevale in cui si faceva soffrire il barone predatore. Mi sentivo un boia, con la netta impressione che la maschera nera dovesse celare la mia faccia mentre lavoravo in solitudine alla fioca luce dello stoppino in mezzo agli strepiti della vittima.

Potevo mangiare, dormire, alzarmi, star fermo o muovermi, secondo il mio desiderio. Ero più libero dell’arcivescovo di Canterbury, che senza dubbio aveva i suoi orari fissi e i suoi tempi preordinati. Ero libero come un falco. Bisognava insegnare a Gos a riconoscere il richiamo. Più tardi, quando l’avrei lanciato in volo per puntare sulla preda, sarebbe magari capitato che ci perdessimo di vista; e gli andava insegnato che poteva essere chiamato mediante il fischietto. In genere i falconieri usavano un comune fischietto metallico, ma la mia anima fuggitiva era troppo impregnata di poesia per una cosa del genere.

In genere i falconieri usavano un comune fischietto metallico, ma la mia anima fuggitiva era troppo impregnata di poesia per una cosa del genere. Sentivo che Gos era troppo bello per farne il destinatario di un suono meccanico, da poliziotto. Bisognava usare un motivo musicale, e se avessi saputo suonarlo avrei comprato un piccolo flauto. Potevo solo fischiare con la bocca, e tanto doveva bastare. La nostra melodia era un inno, The Lord’s My Shepherd [«Il Signore è il mio pastore»], il vecchio inno metrico scozzese.

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