Le confessioni di un italiano by Ippolito Nievo

By Ippolito Nievo

Le confessioni di un italiano
La vita di Nievo, a differenza di quella del suo «ottuagenario» personaggio narratore, si concluse presto, a 30 anni, nel mar Tirreno, a bordo del piroscafo «Ercole». period il 1861.
Partito da Palermo dove aveva raccolto documenti da portare a Torino in line with smontare los angeles campagna denigratoria contro i garibaldini, Ippolito Nievo period uno dei «Mille», aveva combattuto valorosamente e Garibaldi gli aveva affidato los angeles Viceintendenza generale della spedizione, con compiti amministrativi relativi allequipaggiamento e alla sussistenza del corpo di spedizione.
Nel romanzo, uscito postumo nel 1867, si intrecciano il microcosmo del feudo friulano in cui è nato e cresciuto Carlo Altoviti, il narratore e protagonista, con l. a. storia dItalia dallepoca napoleonica fino alla vigilia dellUnità.
Niente retorica, molta ironia, molta sperimentazione linguistica e unindimenticabile storia damore fra Carlo e los angeles Pisana.

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Intanto si pose il problema di conciliare nello scrivere l’esigenza espressiva individuale e quella di una comunicazione ‘educativa’ rispetto ai problemi della nascente nazione. Dichiarò infatti: «Voglio scrivere scrivere scrivere, finché altri avrà pazienza di leggere e al di là», ma era anche d’altra parte determinato a trovare «il modo d’adoperarsi» per non essere «un’inutilità sociale» (dalla corrispondenza con l’amico Andrea Cassa, 1853-1854). In qualche misura Foscolo e Manzoni, come modelli ‘nostrani’, avevano dato forma concreta alle due esigenze importando il romanzo autobiografico (Ultime lettere di Jacopo Ortis) e quello storico (I promessi sposi).

Quando si alzava, tutti si alzavano, e quando partiva dalla cucina, tutti, perfino i gatti, respiravano con ambidue i polmoni, come si fosse lor tolta dal petto una pietra da mulino. Ma più romorosamente d’ogni altro respirava il Cancelliere, se il signor Conte non gli facea cenno di seguirlo e si compiaceva di lasciarlo ai tepidi ozii del focolare. Convien però soggiungere che questo miracolo avveniva di rado. Per solito il Cancelliere era l’ombra incarnata del signor Conte. S’alzava con lui, sedeva con lui, camminava con lui, e le loro gambe s’alternavano con sì giusta misura che pareva rispondessero ad una sonata di tamburo.

Il Capitano di questo suo raccapriccio adduceva il motivo stesso introdotto dai Signori Sindaci, cioè che cotali armi sono abbominevoli ad ogni genere di milizia. Egli diceva di aver più paura d’un coltello che d’un cannone; e questo poteva esser vero a Fratta dove non s’erano mai veduti cannoni. Accomodata un po’ all’ingrosso quella difficile materia delle armi, si accinsero i Signori Sindaci a regolare quella non meno importante delle monete; ma la prima stava loro troppo a cuore ed era turbata da troppi disordini, perché non vi dovessero tornar sopra tantosto.

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